Ogni cosa è biancoverde (di ritorno da Torino)

La sortita allo Juventus Stadium dura due giorni.
Il ritorno è un lungo viaggio in auto, al collo la sciarpa dell’Avellino pure durante la sosta per il pranzo: si commenta l’aspetto tecnico, certo, ma soprattutto lo spettacolo sugli spalti.
La soddisfazione è enorme, di fronte al coro di elogi per i Lupi al seguito, numerosi e corretti come di rado accade: dai tifosi bianconeri, dai telecronisti, dai radiocronisti, dai giornali, dalle testate online, su Twitter e Facebook.
Magnifico, tra tutti, il pezzo di Marco Ansaldo su La stampa.

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Tra una galleria e un’altra, i video su YouTube sono cliccatissimi: il titolo di “Maestri della sciarpata” è meritato e ci riempie di orgoglio.
Da casa Elena mi fa la rassegna stampa e ne tira fuori un pezzo commovente per il suo nuovo giornale.
Insomma, ieri, e non solo nelle dieci e passa ore di viaggio, ogni cosa è biancoverde.
Tanto che, percorrendo a piedi le ultime centinaia di metri dal ritorno a casa, mi imbatto in un adesivo del Nucleo Roma Ultras Avellino, appiccicato al palo di un segnale stradale.
Forse c’è sempre stato, forse qualcuno lo ha attaccato dopo la partita del giorno prima: fatto sta che non lo avevo mai visto prima, pur avendo fatto tante volte quella strada.
Forse so chi lo ha messo lì: a lui, se è lui, e se mai mi leggesse, dico che è tempo di tornare nel branco.

Avrei voluto

Avrei voluto giocarla a gennaio, come da calendario, e non in mezzo agli impegni di campionato.
Avrei voluto giocarla con il portiere titolare, il centrale titolare, un mediano in più e una seconda punta vera.
Avrei voluto vedere parate, pali, entrate decise e cartellini, fortuna e ostruzionismo.
Avrei voluto sentire sugli spalti una sana distanza tra due mondi incommensurabilmente diversi.
Avrei voluto un arbitraggio equilibrato.
È andata diversamente: mi consolano gli amici, i messaggi da casa, una hinchada da massima serie, il coro “Torneremo in Serie A”, che non sentivo cantare da decenni.
Già, la Serie A: è tempo di provarci.
Solo così mi spiego la formazione di questa sera.
Bravo Izzo, già maturo per altri palcoscenici.  Non così Zappacosta. I soliti Arini e D’Angelo. Castaldo a predicare nel deserto. Si è rivisto Angiulli: lo meritava, si è guadagnato altre chances.

Dalla Viribus alla Juventus: per aspera ad astra

Dalla Viribus alla Juventus: per aspera ad astra.
Dopo aver calcato negli anni recenti i polverosi teatri della provincia, meridionale e non solo (Adrano, certo, ma pure Pomezia o Lumezzane), la compagnia di giro biancoverde si esibisce stasera allo Juventus Stadium. Se sarà comparsa o protagonista, se ci sarà da piangere o da ridere, lo sapremo prima della mezzanotte.
Noi, che siamo la claque al seguito, in ogni caso applaudiremo.
Raramente mi capita di commentare articoli pubblicati on line. Mi è successo ieri, dopo aver letto un pezzo di una nota testata irpina: la partita di questa sera – scrive l’autore – è la festa di chi ha seguito la squadra fin dal giorno in cui essa è nata. Ma come – ribatto io – la squadra, questa squadra, è la stessa di sempre, fondata (per convenzione) nel 1912. Bisognerebbe aver compiuto 103 o 104 anni, e tifosi-Matusalemme io non ne conosco.
La società è la società, e la squadra è la squadra: l’Avellino è una e una sola, distinguere non si può e non si dovrebbe.
La continuità tra Aesse e Uesse è uno degli assi portanti dello statuto dell’Avellino Club Roma, che stiamo provando a buttare giù.
Provate a chiederlo a uno juventino: ci dirà di Tacconi e Vignola, Favero e Alessio, della storia che è di tutti noi e non solo dei custodi dell’ortodossia.
Con questo orgoglio andiamo a Torino: l’Avellino siamo noi, tutti noi.
Il viaggio scorre lungo la costa tirrenica; Aurelia e autostrada, lo stesso itinerario che ci ha condotto la scorsa settimana alla Spezia. Proprio durante quel viaggio, ecco via Twitter la notizia dell’anticipo del match di stasera: non ci siamo fatti cogliere alla sprovvista, e siamo qui, con le sagome delle Apuane che si stagliano alla nostra destra, il telefono del lavoro nell’altra mano, la sciarpa al collo, il biglietto in tasca e una speranza in fondo al cuore.
Pochi giorni fa ho vinto la riffa dell’Avellino Club Roma, è stato estratto il numero 17. Tutto può succedere: Fortuna audaces iuvat. E non mi riferisco ai bianconeri.

Io che amo solo te (verso lo Juventus Stadium)

A gennaio, quando giocheremo allo Juventus Stadium per gli ottavi di Coppa Italia, molti tifosi poligami, che amano l’Avellino, ma riservano un pezzettino del loro cuore ai bianconeri, avranno non dico dubbi, ma almeno qualche imbarazzo. Io no.
La simpatia, o forse l’ammirazione che da bambino ho nutrito per la squadra di Causio e Bettega prima, di Boniek e Platini poi, si è dissolta come neve al sole trent’anni fa e passa, la prima volta che ho visto Avellino e Juventus affrontarsi al Partenio. Quello stesso sole che mi riscalda il cuore ogni volta che metto piede nel nostro stadio, fosse pure d’inverno e in notturna, come ieri sera.
Sentimento e ragione mi hanno tenuto lontano, in seguito, dalle sirene giallorosse: avrò messo piede all’Olimpico forse tre o quattro volte in quattro in vent’anni, e non perché non segua il calcio o non frequenti gli stadi.
C’è una canzone di Sergio Endrigo, che mi risuona in mente da questa mattina, quando ho cominciato a pensare a questo post. Si intitola “Io che amo solo te”, ed è perfetta per descrivere la gioia che provo dopo la vittoria di ieri sera.

Io ho avuto solo te
e non ti perderò,
non ti lascerò
per cercare nuove avventure.

Sul match contro il Frosinone solo pochi appunti: impegnato alla guida, ho affidato i commenti a caldo ai compagni di viaggio di questa anomala trasferta casalinga, piuttosto che alla tastiera.
Vittoria meritata, con D’Angelo e Schiavon da urlo e Bittante in prepotente crescita. E dire che qualcuno ha l’improntitudine, sugli spalti ieri e nel Web oggi, di criticare il jolly difensivo cresciuto nella cantera della viola.

Trofei in bacheca

La Lazio vince la Coppa Italia e la stagione 2012/13 volge al termine, in attesa dei playoff di B e Lega Pro, che però non assegnano titoli.
Il bilancio definitivo dei trofei assegnati dal calcio professionistico italiano è dunque il seguente:
Due titoli: Juventus, Avellino, Salernitana;
Un titolo: Lazio, Sassuolo, Trapani, Savona, Latina.