Lupi per sempre: il Campione del Mondo e Lorella Cuccarini

Ecco la seconda delle due biografie che ho scritto per Lupi per sempre.

Protagonista uno dei miei beniamini: Paolo Baldieri. Un gran calcatore. Un Campione del Mondo.

***

Forse non tutti sanno che nelle fila dell’Avellino, e per di più in serie B, ha militato un Campione del Mondo, uno che il titolo l’ha conquistato con la maglia azzurra, il gemello del goal di Gianluca Vialli. E Roberto Mancini non ha mai vestito il biancoverde.

Lui è Paolo Baldieri, classe 1965, ala sinistra di grande estro cresciuto nella cantera della Roma, e il mondiale è quello conquistato con la Nazionale militare nel 1987. Perché quando la naja era obbligatoria i calciatori non facevano eccezione. In finale contro la Germania Ovest, dopo il vantaggio ad opera di Vialli, Baldieri sigla la rete del definitivo 2 a 0.

Per capire chi è stato Paolo Baldieri calciatore, e in una certa misura chi avrebbe potuto essere, basta fare un giro sulla sua bacheca Facebook. Le immagini in maglietta e pantaloncini sono rare, e quasi si perdono tra le istantanee di spiagge, mare e tramonti del Salento, dove si è stabilito dopo il ritiro. Una foto dai colori sfocati, però, lo ritrae con la divisa grigioverde e il fez da bersagliere: accanto a lui Ciro Ferrara e il solito Gianluca Vialli, due colonne della generazione di fenomeni svezzata da Azeglio Vicini, per trampolino un Europeo Under 21 perso ai rigori contro la Spagna e per grande rimpianto la sconfitta, sempre dagli undici metri, nella semifinale di Italia ’90 contro l’Argentina. Tra questi campioni in erba Baldieri fa la sua sporca figura, con quattordici presenze e nove reti con gli azzurrini, una media-goal pazzesca e il record tuttora imbattuto di cinque reti in cinque match consecutivi.

Dopo due ottimi campionati a Pisa, nel campionato 1986/87 fa ritorno per una stagione a Roma, alla corte di Eriksson. L’anno seguente va in prestito a Empoli, prima di vestire il biancoverde, sempre a titolo temporaneo, per la stagione 1988/89, sulle orme dei vari Lucci, Tovalieri e Di Mauro.

Dopo la retrocessione, i Lupi sono chiamati all’immediato ritorno nella massima serie, e per Baldieri è l’occasione per confermare le promesse non del tutto mantenute. Si parte però con l’handicap: quando viene stilato il calendario, l’Avellino non c’è. “Eravamo solo una X”, è il ritornello che riecheggia nei commenti per mesi e mesi, quando si vince, a sottolineare il miracolo di una squadra costruita in fretta e furia dal presidente Pierpaolo Marino con i denari della Bonatti, e pure quando si perde, a giustificare una compagine che non riesce a prendere quota, mantenendosi a ridosso della zona promozione senza mai davvero dare l’impressione di poterla raggiungere. Dall’anno precedente sono rimasti i vari Di Leo, Murelli, Amodio, Boccafresca, Bertoni. Su quest’ossatura si innestano gli acquisti last minute: gente di categoria come Moz, Pileggi, Dal Prà o Strappa, accanto a veri e propri crack della serie B, con la coppia goal Marulla – Baldieri, con un giovanissimo Francioso per rincalzo. Dal Napoli arriva Celestini e nel mercato autunnale lo raggiunge Salvatore Bagni. In panca c’è Enzo Ferrari, che solo pochi anni prima aveva allenato Arthur Antunes Coimbra, in arte Zico. Alla tredicesima gli subentra Eugenio Fascetti, un mago delle promozioni dalla seconda alla prima serie.

La retrocessione è un rospo difficile da ingoiare, ma all’esordio contro il Taranto il Partenio è traboccante come fossimo ancora in serie A. L’avversario è quasi inedito, ma ispira aspra rivalità, e la gioia per la vittoria per due reti a una supera appena gli sfottò tributati ai tarantini. Io sono in curva, e al piano inferiore con Armando e gli altri abbiamo piazzato il nostro vecchio e nuovo striscione. C’è scritto “Risorgeremo!”, e la scritta l’abbiamo dipinta sul retro di un vecchio striscione recuperato da zio Gaetano diversi anni prima tra le macerie del terremoto. In origine era servito a festeggiare la promozione in A, o forse qualche salvezza.

Baldieri gioca da titolare, ma nella ripresa lascia il posto a Marulla, che timbra la rete del definitivo vantaggio. L’avvio di campionato è fulminante per il compianto bomber di Stilo, mentre Paolino resta al palo, tormentato dal mal di schiena. Segna un solo goal nel girone di andata, a Piacenza, ma gioca bene, dà l’anima, e conquista rapidamente l’affetto dei tifosi.

È un altro calcio, con le partite tutte alla domenica, i due punti per la vittoria, le maglie dall’uno all’undici, i cinque panchinari, la schedina, niente anticipi o posticipi, niente pay tv, e i cori di incitamento per i calciatori e gli allenatori, prima che si prendesse a tifare solo per la maglia. Lorella Cuccarini, che ha lasciato la RAI per i canali di Berlusconi, canta la sigla d’inizio di Odiens, il varietà con Greggio e D’Angelo, ed è subito tormentone: “La notte vola” rimbalza dalla hit parade agli stadi. A Roma, dove c’è Voeller, diventa “Tedesco Vola”, all’ombra del Partenio si canta “Paolo Baldieri, sotto la curva vieni, la rete gonfia ancora, la curva s’innamora”. Un colpo di fulmine che deflagra quando una domenica Baldieri, squalificato o forse infortunato, raggiunge i capi del tifo al centro della Sud per incitare dagli spalti i compagni di squadra. L’amore sembra essere reciproco. Dai miei archivi estraggo una copia del giornalino che in quell’anno veniva distribuito gratuitamente allo stadio, con un breve profilo di Baldieri. L’intervistatore gli chiede quando sia importante l’incitamento del pubblico, e lui risponde: “L’entusiasmo dei tifosi riesce a trascinarmi alla grande, a farmi sentire sicuro, e in questo il pubblico di Avellino è eccezionale, caloroso in ogni partita, mi vengono i brividi solo a pensarci, spero di vincere anche per loro”.

baldieri

Il coro di incitamento risuona specialmente nel girone di ritorno, in cui Baldieri segna cinque reti. Quella contro il Bari di Maiellaro e Matarrese è splendida, un colpo di testa a raccogliere uno spiovente dalla destra. Contro la Cremonese, nello scontro diretto per la promozione a tre giornate dal termine, è lui che mette a segno i due goal del vantaggio con il quale si chiude il primo tempo, ribadendo il rigore di Marulla respinto da Rampulla e bissando con un bel diagonale di destro. Poi l’inattesa rimonta dei grigiorossi e l’addio ai sogni di gloria.

Passeranno ventisette anni, prima che l’Avellino torni così vicino alla serie A, fino alla traversa di Castaldo al Dall’Ara. Ventisette anni che non hanno scalfito il ricordo di uno dei calciatori più talentuosi che abbiano indossato la casacca della nostra squadra del cuore.

Lascia un commento